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Muratori, Ludovico Antonio.

Erudito, letterato e storico italiano. Avviato al sacerdozio, compì i primi studi nelle scuole dei Gesuiti a Modena; si laureò poi in Filosofia e Diritto canonico. Fondamentale fu l'incontro con il bibliotecario ducale, B. Bacchini, che lo orientò verso l'erudizione sacra e lo indusse alla lettura dei maggiori storici ecclesiastici. Divenuto un profondo conoscitore della materia, nel 1695 venne invitato nel collegio dei dottori della Biblioteca Ambrosiana, a Milano, e nel 1670 il duca Rinaldo I di Modena gli affidò la direzione della biblioteca della Casa Estense. Durante gli anni della guerra spagnola, si impegnò in un intenso lavoro di estetica, pubblicando i Primi disegni della Repubblica letteraria d'Italia (1703), il Della perfetta poesia italiana (1706), la prima parte delle Riflessioni sopra il buon gusto (1708) e le Osservazioni alle rime del Petrarca (1711). Collegandosi all'insegnamento del padre Bacchini e all'idea razionalista di un rinnovamento culturale, venne codificando le regole dell'estetica arcadica. Contro l'eccessivo razionalismo della scuola francese, a cui rimproverava freddezza e aridità quasi geometrica, e contro l'artificio e l'arbitrio linguistico dei secentisti barocchi, nel tentativo di rinnovare la stanca poesia italiana, M. propose ideali di chiarezza, evidenza e semplicità, subordinando il fine del diletto all'utilità morale e civile. Seguendo il metodo sperimentale moderno, M. criticò anche pregiudizi ed errori e nel De ingeniorum moderatione in religionis negotio (1714) tracciò un'immagine di un Cristianesimo che, pur ortodosso, lasciava ampi margini alla ragione e alla ricerca. Fra il 1708 e il 1720, M. si trovò a difendere i diritti della Casa estense contro la Santa Sede nella questione di Comacchio e, intervenendo nella questione giurisdizionalista, approfondì la distinzione tra potere temporale e teologia, divenendo assertore della nuova storia civile. Nel 1712 pubblicò la Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio, quindi si dedicò alla pubblicazione delle Antichità Estensi (1717-40) riproponendo il problema in termini storiografici. Durante le sue ricerche ebbe modo di incontrare Leibniz, impegnato in un'indagine sulle Case di Brunswick e d'Este, e assimilò i metodi della storiografia tedesca. Tali indagini portarono M. a compilare l'opera sua più famosa, i Rerum Italicarum Scriptores (Scrittori di fatti italiani), pubblicata dal 1733 al 1751, vastissima raccolta delle fonti cronachistiche, letterarie, giuridiche e epigrafiche dall'anno 500 al 1500; l'imponente opera poté essere data alle stampe grazie alla costituzione a Milano di un'apposita Società Palatina, diretta dal marchese Trivulzio e composta da alcuni cavalieri che si autotassarono per provvedere alle spese. In seguito, egli curò e pubblicò le Antiquitates Italicae Medii Aevi (Storia del Medioevo italiano), 75 dissertazioni che illustrano sistematicamente gli istituti politici e giuridici, i costumi, la lingua, le lettere e le arti, i commerci nell'Italia medievale. Con tali opere M. voleva portare gli Italiani a prendere coscienza delle origini e dello sviluppo della loro civiltà, specie per il periodo medioevale, tanto disprezzato dai neoclassicisti. Negli anni successivi si dedicò alla stesura di opere di argomento politico, sociale e religioso: Trattato della carità cristiana (1723), Filosofia morale esposta e proposta ai giovani (1735), Dei difetti della giurisprudenza (1742) e Regolata devozione de' cristiani (1747), opere con le quali si fece assertore di un Cattolicesimo nemico della superstizione. Compendio organico di tutte queste riflessioni fu, nel 1749, il Della pubblica felicità, oggetto de' buoni principi. Negli stessi anni 1747-49 pubblicò gli "Annali d'Italia", dove è narrata la cronistoria della penisola dall'inizio dell'età volgare sino al Trattato di Aquisgrana. Nella sua ricerca storica M. gettò le basi metodologiche e, per certi aspetti, scientifiche dello studio dell'antichità attraverso un'attenta e paziente analisi delle fonti, rifiutando ogni sintesi incerta e frettolosa e basandosi su un accorto studio filologico. La storia diventò con lui vera e propria ricerca scientifica, pur mancando ancora una visione d'insieme capace di cogliere le profonde ragioni strutturali e ideali che guidano e determinano il cammino umano (Vignola, Modena 1672 - Modena 1750).